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venerdì 30 settembre 2011

tom sawyer e bart simpson

Una piacevolissima lettura è il Tom Sawyer di Mark Twain: spassosissimo, divertente, ironico, e si apprezza ancor di più se lo si legge ad alta voce in compagnia e, secondo me, se si è un fan dei Simpson serie che, del resto, contiene spesso citazioni da questo pilastro della cultura popolare americana –, perché si proietta retrospettivamente tutto lo humor della famiglia gialla e cattiva su questo romanzo dell'Ottocento.


giovedì 29 settembre 2011

studio coatto

Il lavoro scolastico, micidiale per certi caratteri, coatto, quasi meccanico, che, lungi dal costituire uno stimolo ad approfondire l’apprendimento, è senz’altro disamorante nei confronti di ogni disciplina, venne ad interrompere quel periodo, forse il più bello nella vita di un adolescente, in cui i presentimenti dell’ignoto fanno tutt’uno con i sentimenti per le ragazze, creando un alone di inconsapevole, metafisica stravaganza attorno alla grigia esistenza quotidiana.

(Stanislaw I. Witkiewicz, Insaziabilità)

lunedì 26 settembre 2011

il cristo hegeliano

More about Vita di GesùGià durante il suo periodo di studi presso l'università di Tubinga, il giovane Hegel inizia a mettere a confronto le immagini di Cristo e di Socrate, due voci della libertà tra un popolo di schiavi o fanciulli, due figure "incivili" e rivoluzionarie. In uno dei suoi primi scritti, Vita di Gesù (1795), Hegel contrappone quasi la figura di Cristo alla religione cristiana, vista come una religione alienante, che impone la rinuncia alla dignità umana e alla libertà, che spinge al ripiegamento ad una vita privata ed educa lo sguardo a rivolgersi al cielo. Il principio autenticamente cristiano sarebbe invece, contrapposto a quello giudaico, quello di un Deus in nobis, inteso come una sorta di identificazione di stampo illuministico tra divinità e ragione, tra fede nella divinità e fede nella ragione. Il punto di riferimento, per Hegel, è qui il Kant de La religione entro i limiti della sola ragione, che contrappone ragione e libertà ai dogmatismi e conservatorismi dei rigidi rituali della religione.
Ma il rigorismo dell'insegnamento morale kantiano è "addolcito" dal giovane Hegel grazie al richiamo al pensiero di Schiller. Per Kant il dovere morale è inestetico, la bellezza umana va conquistata con la dignità della fatica, necessaria all'uomo per debellare l'estraneità e la positività della legge morale: ragione e sensibilità, dovere e inclinazione non possono essere immediatamente in armonia: simbolo di questo ideale agonistico del merito è la figura mitica di Ercole, immagine dell'opera di automiglioramento, trasformazione interiore, perfezionamento. O meglio perfettibilità, poiché questa opera, questo lavoro, sono per Kant "infiniti", visto il male radicale presente nell'uomo, che non è certo puro spirito razionale ma costituito da un "legno storto": per questo la forma della legge morale è l'imperativo categorico "tu devi".
Hegel, pur non facendo proprio l'ideale schilleriano dell'uomo come "anima bella", in cui una naturale grazia armonizza immediatamente ragione e sentimento, non considera la sensibilità alla stregua di un nemico da schiacciare, bensì come una facoltà da conciliare, educare, per far perdere rigidità e positività al dovere, per perfezionare la legge, abolendola come puro statuto esteriore, lettera estranea, ma conservandola e rispettandola nello spirito.
Così gli uomini possono passare da individui servili, oggettivi, scissi, a uomini belli, interi, dialettici e che realizzino una comunità vivente in cui non vigano usanze meccaniche, in cui non sia necessario un Dio trascendente di cui si abbia più paura e venerazione che amore, dal quale si faccia dipendere il destino dell'uomo. Il culto della ragione che si è destata e «il sonno della ragione genera mostri» (Goya– sostituisce quello di un Dio tappabuchi con cui instaurare un rapporto caratterizzato da uno spirito bottegaio, da un ritualismo farisaico, da una fede legalistica e ipocrita.
L'uomo deve essere autonoma guida a se stesso in questo cammino di automiglioramento, deve raggiungere una piena maturità che lo affranchi sia da una religione a lui estranea sia da una sensibilità egoistica e non etica.

domenica 25 settembre 2011

l'immagine del signore

Nei capitoli 13-15 (volume 2) del suo manga Billy Bat, Naoki Urasawa ambienta la sua storia all'epoca di Cristo e presenta la figura di un giovanissimo Giuda che si interroga su quale sia l'immagine del Signore. Le tavole del mangaka presentano due pipistrelli, uno bianco e uno nero anche se sembrano indistinguibili, in perenne conflitto tra di loro. Quando il bambino chiede loro se sono Dio, la risposta contraddittoria dei due è «certo!» e «no!», poi, dopo un violento bisticcio, concludono «decidi tu se noi siamo o meno Dio!».


È presente nel manga anche la figura di Cristo, che in una tavola spazza via i mercanti che infestavano il tempio di Gerusalemme con una furia seguita da un sorriso.
 

sabato 24 settembre 2011

io sono un gatto

Discutendo di nuovo, come ogni anno, della critica mossa da Montaigne nei suoi Saggi alla visione presuntuosa e arrogante di un uomo che è «la piú disgraziata e la piú fragile di tutte le creature e tuttavia la piú orgogliosa», che «s'immagina di porsi al di sopra della sfera lunare e di poter mettere il cielo sotto i suoi piedi» e che «per la vanità di questa stessa immaginazione si eguaglia a Dio, si attribuisce le possibilità divine, attribuisce a se stesso ogni privilegio e si separa dalla massa delle creature», e quindi ricordando di come il filosofo francese avesse fatto l'esempio della sua gatta per spiegare tutto ciò – «quando gioco con la mia gatta chissà se essa mi prende come suo passatempo cosí come faccio io per essa?» –, questa volta la mente va alla letteratura giapponese e allo splendido incipit del romanzo Io sono un gatto di Natsume Soseki.

"Io sono un gatto. Un nome ancora non ce l'ho. Dove sono nato? Non ne ho la più vaga idea. Ricordo soltanto che miagolavo disperatamente in un posto umido e oscuro. È lì che per la prima volta ho visto un essere umano. Si trattava di uno di quegli studenti che vivono a pensione presso un professore - mi hanno poi detto - e che fra tutti gli uomini sono la specie più perversa. Si racconta che costoro ogni tanto acchiappino uno di noi, lo mettano in pentola e se lo mangino. Però in quel momento, non sapendolo, non ebbi paura. Provai soltanto un senso di vertigine quando lo studente mi mise sul palmo della mano e di colpo mi sollevò per aria. Appena ritrovai una certa stabilità lo guardai in faccia, era il primo individuo appartenente alla specie umana che vedevo in vita mia. Che creatura curiosa, pensai, e quest'impressione di stranezza la conservo tuttora. Tanto per cominciare il viso, invece di essere coperto di peli, era liscio come una teiera. In nessuno degli innumerevoli gatti che ho conosciuto in seguito ho mai riscontrato una tale deformità. Come se non bastasse, nel bel mezzo della faccia aveva una protuberanza esagerata. Con due buchi dai quali ogni tanto uscivano sbuffi di fumo. Mi sentii soffocare, stavo per svenire. Solo di recente ho saputo che era tabacco, una cosa che agli uomini piace fumare".

In alcune delle sue osservazioni attente e distaccate sullo strano genere umano, poi, questo gatto sostiene che evidentemente, in origine, la natura avrebbe creato gli uomini e li avrebbe messi in questo mondo tutti uguali, come dimostrerebbe il fatto che ognuno di essi nasce completamente nudo. E "se fosse nella loro natura contentarsi dell’uguaglianza, dovrebbero essere soddisfatti di crescere e invecchiare nudi. Ma un giorno uno di questi uomini nudi probabilmente si è detto: visto che siamo tutti uguali, qual è l’utilità dello studio? Che risultato danno lo sforzo e la fatica? In qualche modo vorrei distinguermi dalla massa, vorrei essere unico e inconfondibile. Dovrei indossare qualcosa che stupisca tutti. Dopo aver riflettuto una decina d’anni per trovare quel che faceva al caso suo, il nostro uomo inventò finalmente delle corte braghe, se le infilò immediatamente e se ne andò in giro pavoneggiandosi e cercando di intimidire la gente".

venerdì 23 settembre 2011

un muratore

Metello (1955) di Vasco Pratolini appartiene a quella letteratura neorealistica che fa propria, dopo l'esperienza della chiusura fascista e i generi dell'evasività nella rappresentazione letteraria e cinematografica, l'esigenza di un nuovo contatto del letterato con la realtà storica e sociale, sulla spinta della teoria di Gramsci della necessità di costruire una letteratura nazional-popolare per garantire il progresso civile e raggiungere, attraverso una prima egemonia intellettuale e culturale, una successiva egemonia politica. Questa esigenza di realismo è ottenuta attraverso una trascrizione fonografica della lingua parlata, una rappresentazione fotografica degli ambienti e l'utilizzo e la presentazione di documenti.
Metello rappresenta il primo capitolo di una trilogia che, seguito da Lo scialo (1960) e Allegoria e derisione (1966), racconta Una storia italiana che va dal 1872 al 1966. In Metello si individua nel periodo post-unitario (1872-1902) il momento privilegiato per portare all'evidenza i difetti insiti nella società italiana che renderanno poi possibile la vittoria del fascismo. Attraverso un personaggio "tipico" si traccia la storia di una nazione, in particolare relativamente agli albori del movimento socialista, dallo spontaneismo degli anarchici all'organizzazione del partito, presentando un parallelismo tra la maturazione del protagonista e quella della classe operaia cui appartiene, in una sorta di romanzo di formazione ed educazione del giovane operaio.
La prima cosa che Metello impara è la solidarietà con gli "altri" che compongono il "noi" dei compagni di lotta e di lavoro, delle loro famiglie, della classe, di un'unità nella miseria in cui si riconosce una patria più vera di quella ufficiale. Poi, in prigione, sente per la prima volta «parlare di socialismo, di uguaglianza, di lavoro che andava pagato "secondo il sudore"» e sente dire che «ora che si è fondato questo nuovo partito, gli resterà sempre più difficile farci del male».
La crescita fisica, naturale, di Metello, innocente e forte come una giovane pianta o un animale e il cui «sangue è una rosa che stioppa», va di pari passo con quella spirituale, intellettuale: «come il suo corpo fioriva nella piena maturità, così il suo modo di agire e di pensare si era rafforzato». La sua è una maturazione politica e umana insieme, perché il socialismo è una forma di umanesimo integrale, e il suo progresso è inarrestabile: «si poteva fargli segnare il passo, spingerli indietro non era più possibile. Le macchine che gli erano state messe nelle mani, e che producevano ricchezza, col loro rumore forse, li avevano destati».

mercoledì 21 settembre 2011

ciuffo sugli occhi e nuca rasata

La rappresentazione della Fortuna muta dal Medioevo al Seicento: pur rimanendo il concetto dell'aleatorietà dei suoi doni, espresso tanto dal medievale girare della ruota – «Ti sei affidato al governo della fortuna: devi sottostare agli umori della tua padrona. Tu ti sforzi invece di fermare il movimento impetuoso della ruota che gira? Ma, o stoltissimo tra i mortali, se principia a star ferma, la sorte cessa di essere» (Boezio, Deconsolatione philosophiae) – quanto dal rinascimentale correre della dea su una sfera e il suo essere bendata, a simbolizzare la totale casualità del suo incedere e l’imprevedibilità del punto in cui sarebbe giunta, nel Cinquecento matura anche l’immagine dell’uomo che afferra la Fortuna per i capelli ed è protagonista del proprio destino, homo faber ipsius fortunae (uomo artefice del proprio destino).
Un ampio ciuffo impedisce alla Fortuna "rinascimentale" di vedere il mondo, mentre la sua nuca rasata, sottrazione di un potenziale appiglio, impedisce agli uomini che si pongano al suo inseguimento di acciuffarla per la chioma (questa rappresentazione deriva del Kairos greco e dall’Occasio latina, divinità del momento opportuno). Ma esistono delle strategie per poterne fermare il transito rapido e ineluttabile: l’esercizio costante dell’appostamento, che favorisce un inseguimento guardingo (il motto festina lente, affrettati lentamente, o meglio, con avvedutezza, si riferisce anche a questo atteggiamento).
Un dipinto della scuola di Andrea Mantegna - Occasio et Costantia -, realizzato nel 1500 nel Palazzo Ducale di Mantova, rappresenta la filosofia d’attacco, che prescrive velocità contemperata dall’assennatezza e da capacità strategiche. Ecco il transito della donna sulla sfera, è l’Occasio a lungo attesa. La Fortuna ha la chioma che scende sulla fronte fino a coprirle il volto e il corpo reso atletico dalle interminabili corse. La stoffa del peplo, mossa dall’aria del veloce scivolamento, mostra la rapidità con cui procede, senza il minimo impedimento. Dietro di lei con i piedi piantati per terra, attraverso un’immagine figurata che indica tuttora, nel lessico a noi contemporaneo, il comportamento degli avveduti sta la Costanza, una figura statica e composta quanto quella di un cacciatore in appostamento, sistemata su un parallelepipedo, simbolo di stabilità come tutte le figure che rinviano al cubo, e pertanto contraria alla precarietà di ogni elemento sferico. Essa trattiene un giovinetto pronto per la corsa, con le mani spalancate per ghermire la fuggitiva.

(da Maurizio Bernardelli Curuz, La nuca rasata della cieca dea)

martedì 20 settembre 2011

revenge comics

Il classico tema del racconto di vendetta – rappresentato in film quali Kill Bill e Old Boy e in fumetti come la miniserie di Psylocke Kill Matsu'o (che ovviamente e postmodernamente strizza l'occhio al citato film di Tarantino) – è affrontato da Mark Millar nel suo Nemesis – dopo aver avuto una certa influenza anche nella saga Vecchio Logan, con Wolverine come protagonista – in maniera tale da decostruirne la tradizionale presenza che ha nel mondo dei fumetti. 
Batman dedica tutta la sua vita a combattere il crimine dopo l'omicidio dei suoi genitori e il Punitore è animato da origini e da una sete di vendetta simili  – seppur con meno scrupoli e paletti morali: in entrambi i casi l'idea è quella per cui la vittima di una violenza è dalla parte del giusto. Con Nemesis la prospettiva appare capovolta, rovesciata: il protagonista della storia di vendetta è un supercriminale internazionale, intento a sfidare i più abili poliziotti del mondo. 
Violenza, humor, sequenze cinematografiche e, appunto, filosofico lavoro di decostruzione. Sempre ottimo Millar.

sabato 17 settembre 2011

frasi senza senso?

Il problema del big-bang, perfezionato dal contributo di conoscenza proveniente dalla ricerca spaziale e tenuti nella dovuta considerazione i casi eccezionali, senza pregiudicare la generalità dei risultati, ammette una verifica critica di quanto viene affermato in proposito e un'adeguata valutazione del peso da attribuire alla presenza dei neutrini, la cui importanza teorica è stata confermata recentemente in modo inequivocabile.

(dal generatore di decine di milioni di frasi senza senso (o no?) contenuto in Bernardini, De Mauro, Contare e raccontare, libro regalatomi ieri)

lunedì 12 settembre 2011

tu mi ricordi il sole

Tu saresti in grado di rappresentare il sole per qualcuno? Pensi di poter restare a lungo "il sole" per quel bambino?

Da quando ho incontrato quell'essere rumoroso non sto per niente bene.
Gli occhi e il collo sono stati i primi a risentirne. Nessuno sa di cosa sarebbe capace quando si distoglie lo sguardo da lui, che non fa che muoversi qua e là.
Poi hanno cominciato a farmi male la gola e gli addominali. Per la prima volta in vita mia ho scoperto che alzare la voce si ripercuote con forza sulla pancia.
In seguito le gambe. Quell'essere ha le gambe corte ma quando deve scappare è inaspettatamente veloce. Di recente mi sveglio spesso di notte per i crampi ai polpacci, accidenti.
Anche le spalle sono indolenzite. D'altronde, visto che è così piccoletto da arrivarmi solo alla vita, quando senza neanche il minimo pudore solleva gli occhi verso di me, gli concedo il favore di guardarlo a mia volta.
E poi... e poi.

(da Saiyuki Gaiden)


sabato 3 settembre 2011

sui bottoni degli ascensori

È risaputo il fatto che il bottone di chiusura delle porte nella maggior parte degli ascensori è un placebo del tutto privo di funzione, che è posto là solo per dare agli individui l'impressione che stanno in qualche modo partecipando, contribuendo alla velocità del viaggio dell'ascensore.
E questo è occasionalismo al suo stato più puro: secondo Malebranche, noi per tutto il tempo premiamo simili bottoni, ed è l'incessante attività di Dio che coordina i bottoni e gli eventi che seguono (la chiusura delle porte), mentre noi pensiamo che gli eventi siano il risultato del nostro premere il bottone.

(da Slavoj Žižek, The Matrix o i due volti della perversione. Riflessioni sulla virtualità cinematografica, in Deleuze e il cinema francese)

venerdì 2 settembre 2011

panne acide e giochi di ruolo

La nonna, lei, avrebbe voluto che tutto fosse come ai suoi tempi! Ai suoi tempi lei era più giovane, ai suoi tempi il sole era più caldo e persino la panna, ai suoi tempi, non diventava acida così presto!
(Fedor M. Dostoevskij, Le notti bianche)

E nel caso crediate che la sua vita non potesse diventare peggio di così: un giorno entrò alla Game Room e scoprì con stupore che la nuova generazione di nerd aveva smesso da un giorno all'altro di comprare giochi di ruolo. La nuova ossessione erano le carte Magic! Nessuno l'aveva previsto. Niente più personaggi o campagne, solo battaglie infinite tra mazzi di carte. Il gioco era stato spogliato di ogni elemento narrativo, di ogni spazio per la bravura individuale, e ridotto a pura, disadorna meccanica. Quegli stronzi di ragazzini andavano matti per quella roba! Oscar cercò di dargli una possibilità, cercò di mettere insieme un mazzo decente, ma Magic non faceva per lui. Perse tutte le carte con un teppistello undicenne, e scoprì che non gli importava. Il primo segno che la sua Epoca volgeva al termine. Ben presto avrebbe smesso di considerare irresistibile l'ultima trovata nerd, e avrebbe cominciato a preferire il Vecchio al Nuovo. 
(Junot Dìaz, La breve favolosa vita di Oscar Wao)

giovedì 1 settembre 2011

proverbio giapponese

La stretta osservanza rende somari. La distruzione rende uomini. 
(Ikkyu Sojun, monaco e poeta giapponese, da Saiyuki Gaiden)


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