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lunedì 5 dicembre 2011

universi paralleli, sogni, fantasie surrealiste

In seguito alla rivoluzione della meccanica quantistica, alla teoria per cui a livello sub-atomico la realtà non è solida e fissa, ma ha una struttura di tipo probabilistica, così che ogni volta che una determinata particella si trova a dover "prendere una decisione" l'universo intero finisce per ramificarsi in più linee spazio-temporali distinte, la letteratura fantascientifica ha finito per produrre e sviluppare il concetto di universo parallelo. 
Così – ci ricorda Roberto Manzocco nel suo saggio – ne La svastica sul sole di Philip K. Dick abbiamo un mondo in cui il Terzo Reich nazista ha vinto la guerra, ne I mondi dell'Impero di Keith Laumer un mondo in cui i neanderthaliani hanno sterminato l'homo sapiens, nel Ciclo degli Ylanè di Harry Harrison una Terra in cui i dinosauri hanno sviluppato l'intelligenza e sono la specie dominante. Anche il mondo dei comics – aggiungo io – non è rimasto insensibile al fascino degli universi paralleli e alternativi: ne sono esempi il crossover Marvel L'Era di Apocalisse, in cui si narra ciò che sarebbe successo se il prof. Xavier fosse morto prima di creare gli X-Men – sostituendo la linea temporale di Terra 616 con quella alternativa di Terra 295, di recente ripresa dalla serie Uncanny X-Force – e la serie Exiles, in cui supereroi Marvel di varie dimensioni – tra cui, per un certo periodo, anche Psylocke –  vigilano sui rapporti tra linee spazio-temporali parallele – un po' come in Lord Kalvan d'Altroquando di H. Beam Piper, ricordato da Manzocco.
Anche nella serie di Dylan Dog non mancano gli albi in cui sono presentate realtà di questo tipo: in Storia di Nessuno e Gente che scompare entrano in azione delle versioni alternative dell'Indagatore dell'Incubo, in L'ultimo uomo sulla Terra e I killer venuti dal buio compare, invece, un Dylan Dog del futuro, o di un possibile futuro.
Oltre alla presenza di universi paralleli, a rendere meno solida la realtà dell'universo dylaniato è l'idea, messa in pratica nella serie a fumetti, che il sogno non costituisca un fenomeno esclusivamente interiore, ma sia alla radice stessa della realtà. Dylan Dog presenta una visione onirica dell'essere che Manzocco accosta a quella del drammaturgo spagnolo Pedro Calderòn de la Barca, autore di La vita è sogno, di Jorge Luis Borges, di Macedonio Fernàndez, autore di No toda es vigilia la de los ojos abiertos, dello psicanalista Ignacio Matte Blanco, che ne L'inconscio come insiemi infiniti distingue tra la logica asimmetrica e aristotelica della coscienza e quella simmetrica peculiare dell'inconscio e dei sogni. Si può continuare l'elenco, ad esempio, ricordando l'idea del filosofo tedesco Schopenhauer, che argomenta «non è forse tutta la vita un sogno? – o piú precisamente: esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, fantasmi ed oggetti reali? L’unico criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà è in effetti quello affatto empirico del risveglio, col quale in verità il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente viene espressamente e sensibilmente rotto», e poeticamente esprime la similitudine secondo cui «la vita e il sogno sono le pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama la vita reale. Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno) è terminata e giunge il tempo del riposo, allora noi spesso seguitiamo ancora pigramente, senza ordine e connessione, a sfogliare ora qua ora là una pagina: ora è una pagina già letta, ora una ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro. Una pagina letta cosí isolatamente è invero senza connessione con la lettura ordinata: tuttavia non rimane molto indietro a questa, se si pensa che anche il complesso della lettura ordinata comincia e finisce parimenti all’improvviso, e si deve quindi considerare solo come un’unica pagina più lunga. Siamo cosí costretti a concedere ai poeti che la vita è un lungo sogno» (Il mondo come volontà e rappresentazione).
Nella serie a fumetti si realizza, secondo l'autore, una «sovrapposizione tra concezione dei sogni e teoria degli universi paralleli» e la produzione di un infinito novero di mondi possibili, il cui scopo viene riconosciuto nella rappresentazione della fantasia come strategia esistenziale per sfuggire agli orrori della vita reale: «Ho bisogno di un mistero!» – sostiene Dylan Dog ne La bellezza del demonio – «Che cos'è la vita, la mia vita, senza la speranza che un incubo diventi realtà?». La fantasia è la sensibilità superiore e aliena – attrattiva e repulsiva insieme – tipicamente infantile, un pensare il mondo in termini di categorie essenzialmente diverse da quelle adulte che rappresenta uno status gnoseologica privilegiato, un «momento di unità stuporosa più profonda con il reale» perché – secondo le parole di Elémire Zolla – «è nell'esperienza dell'infanzia che nasce la conoscenza senza dualità, la filosofia spinta al di là delle parole» (Lo stupore infantile). Il riferimento più diretto presente in Dylan Dog ad un metodo d'indagine alternativo a quello razionale e ad una apertura verso il mondo onirico e fantastico è probabilmente quello al movimento artistico del surrealismo, citato in più di un'occasione in tavole e copertine della serie, come quella dell'albo Golconda!, in cui il rimando piuttosto esplicito è a Magritte, o come nelle tavole de La clessidra di pietra in cui un personaggio entra nel quadro di Dalì La persistenza della memoria.

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