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giovedì 9 febbraio 2012

altri frammenti di un discorso amoroso

Il diritto di proprietà è la rivendicazione dell'amore (quantomeno, di ciò che si chiama così). Si può decifrare la rivendicazione vendicativa di questo diritto attraverso tutte le manovre di appropriazione di cui il cosiddetto "amore" dispiega la strategia: l'amore che è egoismo, gelosia che cerca solo il possesso.

Non cedere alla prossimità, all'identificazione, alla fusione o alla permutazione tra me e te. Mettervi, lasciarvi piuttosto, rispettarvi una distanza infinita.

Forse, un giorno, qui o là, chi mai lo sa, qualcosa può accadere tra due che si ameranno, e si ameranno d'amore (è ancora la parola giusta?) in tale maniera che l'amicizia, per una sola volta, forse, per la prima volta (altro forse), per la prima e unica volta, dunque per la prima e ultima volta (forse, forse) diventerà il nome proprio, la parola giusta per ciò che allora sarebbe successo: tra due, ecco la condizione, "due persone".

Dove non posso nulla, dove io decido di ciò che non posso non decidere, liberamente, necessariamente, ricevendo fin nella mia vita il battito del cuore dell'altro. Non diciamo soltanto il cuore, ma il battito del cuore: quel che questo cuore riceve, istante dopo istante, da un'istante all'altro, come venuto ancora da un altro dell'altro al quale è ugualmente consegnato, quel che questo cuore forse riceverà, con un impulso ritmico, è ciò che si chiama il sangue, e questo sangue la forza di arrivare.

(Jacques Derrida, Politiche dell'amicizia)

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