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mercoledì 15 febbraio 2012

homer e aristotele

Aristotele ci ha fornito una categorizzazione logica di quattro tipi di carattere. Abbiamo il virtuoso, il continente, l’incontinente e il vizioso.
Se Lisa è virtuosa, i suoi desideri andranno di pari passo con la sua giusta decisione e la sua giusta azione. Lenny, che è continente, è capace di dare seguito con l’azione alla sua decisione, ma lo fa andando contro i suoi desideri. L’incontinente è capace di formulare la decisione corretta su cosa fare, ma la sua volontà è debole: Bart soccombe al proprio desiderio e non agisce in modo adeguato. Per quanto riguarda il vizioso, non abbiamo invece né lotta contro i propri desideri né debolezza di volontà, perché la decisione del vizioso è moralmente sbagliata e i suoi desideri l’assecondano pienamente: Nelson è vizioso.
La ragione gioca un ruolo cruciale. Il virtuoso non può essere stupido o ingenuo. Deve possedere capacità di ragionare criticamente che gli permettano di distinguere le differenze nelle situazioni e quindi di essere capace di reagire di conseguenza. Sul ruolo della ragione pratica (phronesis) Aristotele insiste molto: se uno fosse virtuoso per istinto, non possiederebbe la virtù “propriamente detta” ma al massimo la virtù “naturale”. Secondo Aristotele «occorre che chi compie [le azioni] lo faccia in una determinata disposizione d’animo, cioè innanzitutto che siano compiute consapevolmente, quindi di proposito, e di proposito a causa di esse stesse, in terzo luogo con volontà ferma e immutabile» (Etica Nicomachea, 1105a30-1105b). L’agente deve sapere che la sua azione è virtuosa, deve agire volontariamente e deve farlo perché l’azione è virtuosa.
Homer rispetto ai suoi appetiti corporei non solo non è virtuoso, ma è decisamente vizioso. È anche un bugiardo patentato. È inoltre insensibile ai bisogni e alle pretese degli altri. Anche le sue abilità di padre e marito lasciano molto a desiderare. Inoltre gli manca la sola virtù intellettuale necessaria a un carattere etico, ovvero la phronesis, la saggezza pratica, la facoltà di muoversi nel mondo con intelligenza, con moralità e con una meta in vista. A Homer sembrano mancare persino le più minime capacità di inferenza, ha capacità di ragionamento minime. Non dobbiamo tuttavia essere troppo duri con Homer, perché qualche volta agisce in modo ammirevole: si dimostra affettuoso e amorevole, in certe occasioni mostra anche del coraggio e dà prova di gentilezza. In alcuni momenti sembra persino rendersi conto dei propri limiti.
Cosa dobbiamo pensare di tutto questo? Non è un modello di virtù, ma certamente non è malevolo. La reazione più dura che abbiamo nei suoi confronti è di pietà. L’educazione, la famiglia, il gene dei Simpson, c’è ben poco che Homer possa fare per migliorarsi. Non ha la stabilità di carattere che contraddistingue il virtuoso: infatti, anche se a volte Homer agisce in modo corretto, le ragioni per cui lo fa in genere sono sballate, o quanto meno ambigue (dobbiamo anche ricordare che in molti casi in cui Homer fa la cosa giusta, deve combattere contro i suoi desideri di fare altrimenti, e che a volte, nonostante sappia cosa dovrebbe essere fatto, sceglie di fare la cosa sbagliata, esibendo debolezza di volontà).
Homer non è virtuoso. Quando si va sul cibo e le bevande cade apertamente nel vizio e nelle altre sfere dell’azione umana ondeggia sempre tra continenza e incontinenza.
La qualità di Homer è la sua “umanità a tutto tondo”, che comprende l’amore per la vita e per il godimento della stessa, nei suoi elementi di base, senza dare troppo peso, se non nessuno, a ciò che pensa la gente, la mancanza di malvagità nel suo comportamento da bambino, l’essere aperto, onesto, persino brutale su chi lui è, cosa vuole e cosa pensa degli altri. Homer ha un tratto degno di ammirazione perché nonostante i suoi mezzi finanziari ed economici modesti, nonostante viva in una città come Springfield, riesce a conservare il suo amore per la vita.

(da Raja Halwani, Homer e Aristotele, in I Simpson e la filosofia)



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