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domenica 10 novembre 2013

letture di novembre (I)

Chi ha dato fuoco a La biblioteca scomparsa di Alessandria? Cesare, quando per rompere l'assedio in cui era stretto diede fuoco alle navi nel porto e l'incendio divampò anche nei magazzini limitrofi e in depositi di libri? Il vescovo Teofilo, in uno di quei roghi di libri pagani che erano parte della cristianizzazione? L'emiro inviato dal califfo Omar, obbedendo all'ordine per cui se i libri della biblioteca si accordano con il libro di Allah se ne può fare a meno, mentre se sono ad esso difformi non c'è bisogno di conservarli, così che essi furono distrutti bruciandoli - e vi occorsero sei mesi - per riscaldare i bagni pubblici della città? E poi, dove era collocata in realtà questa biblioteca? Luciano Canfora conduce il lettore attraverso la storia e le testimonianze della regia biblioteca di Alessandria, con uno stile chiaro e semplice ma forse un po' carente dal punto di vista narrativo e romanzesco.

Meno brillante delle precedenti produzioni, sia per trama narrativa che per inventiva grafica, ma comunque piĂą che gradevole, Dodici di Zerocalcare.

L'immersione nella cultura classica antica continua con due tragedie di Euripide: l'Ippolito, antisocratica tragedia in cui il ragionamento non ha efficacia quale farmaco e rimedio per gli affanni degli uomini, che possono anche sapere e conoscere il bene, ma a volte non si sforzano di farlo; lo Ione, drammone a lieto fine tutto orchestrato dall'Ambiguo dio Apollo e dai suoi responsi oracolari veri ma affatto chiari, necessariamente enigmatici messaggi e tempestosi suoni fraintendibili dall'uomo perchĂ© il dio non può apparire ad egli in tutto il suo fulgore, sarebbe pericoloso guardarlo o ascoltarlo, non è concesso ai mortali farlo.
Legata alla cultura classica è in realtà anche la lettura di Prolegomeni per una popsophia, visto che in questo breve pamphlet Umberto Curi deduce la legittimità di diritto della fattuale commistione tra filosofia e cultura popolare dalle origini stesse della filosofia, che nasce pop perché si sviluppa nella relazione vitale con i problemi presenti nella comunità, dalla vita trae alimento e alla vita costantemente ritorna; perché è affine e non opposta al mythos, al raccontare dalla risonanza emotiva e sentimentale e dall'indubbio e gratuito piacere; perché nasce (secondo Platone e Aristotele) dalla meraviglia e dallo sgomento, come risposta a un'inquietudine sentita e patita dall'uomo; perché non c'è cosa più filosofica e seria della poesia, che permette di procurarsi le prime nozioni, di imparare e di ragionare mentre, allo stesso tempo, si prova piacere.

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