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lunedì 30 giugno 2014

letture di giugno (II)

Continuo a leggere l'opera di Jonathan Lethem e continuo a trovarla assolutamente straordinaria. Così, infatti, anche il suo ultimo romanzo, I giardini dei dissidenti, che raccoglie le storie di tre generazioni: Rose, comunista americana dai tanti e diversi fidanzati nel corso della sua vita, perché la rivoluzione le dà il diritto di desiderare - nella fantasia e nella realtà - tutti gli uomini che vuole (presidenti americani e sindaci di New York, poliziotti di colore e membri del partito, uomini sposati e gestori di pub irlandesi); la figlia Miriam, rivoluzionaria in ogni cellula del suo corpo, nel suo intero essere, con tutte le sue contraddizioni, pacifista e guerrigliera in sudamericana, comunista materialista disprezzante la proprietà e fedele nel matrimonio; il figlio di Miriam e nipote di Rose, Sergius, cresciuto dalle ingiunzioni materne a non desiderare la paccottiglia di plastica (i suoi mattoncini da costruzione erano di legno), quello che è pubblicizzato durante i cartoni animati (niente G.I. Joe, orribile icona del militarismo), i cereali zuccherati; Cicero, una specie di figlioccio nero e gay della bianca ed ebrea Rose. E poi tanti altri personaggi che gravitano intorno a questi, tutti magnificamente ritratti e tratteggiati. Generazioni in dissenso l'un con l'altra, ma anche profondamente legate da eredità da tradire e far fruttare, perché una generazione è "il ragno radioattivo" che ha morso la successiva indirizzandone l'intera vita. Individui che sono in dissenso con il mondo che li circonda, cellule rivoluzionarie e terroristiche formate "da un'unica persona, palpitante come un cuore". La scrittura di Lethem è sempre intima e potente, anche in questo affresco di lunga durata.
E mi son gustato in un giorno la lettura dei brevi racconti della piccola raccolta Men and cartoons sempre di Lethem, autore con cui condivido "l'isola sicura di un interesse comune: i fumetti, quelli della Marvel, in particolare, che chiunque li leggesse capiva che non erano affatto libretti per bambini, bensì roba di una serietà mortale, mozzafiato".

Riprende dopo una pausa la lettura delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R, Martin con l'undicesimo volume, I fuochi di Valyria.

lunedì 16 giugno 2014

gli x-men e la filosofia

Stefano Petruccioli, Gli X-Men e la filosofia, Mimesis Edizioni (collana Il caffè dei filosofi)


Chi non vorrebbe essere un super eroe? Ma chi si è mai chiesto cosa vorrebbe dire esserlo veramente? Prendiamo gli X-Men, eroi della nota casa grafica Marvel. Meravigliosi, sorprendenti, sempre estremi e per questo anche perturbanti, inquietanti. Sono i mutanti, più che uomini, meno che mostri, finché al servizio del bene. E se quelle “meraviglie” camminassero tra di noi? Sarebbe desiderabile essere un mutante? Perdonare i nemici o donare loro la morte? Come è essere un mutante? E tu che mutante saresti? Una filosofia per mostrare come la lettura dei fumetti sia un’esperienza profondamente filosofica: l’incredibile filosofia dei fumetti.

La pagina del blog dedicata al libro.

Il libro su



domenica 8 giugno 2014

abyss - letture di giugno (I)

Michael Price, giovane professore di filosofia antica, pensa la filosofia "come gara automobilistica su strada in cui devi farli saltare tutti fuori dai loro sedili" o, come scrivono Deleuze e Guattari, non "pensa alla filosofia come a una perpetua discussione, nei termini di una 'razionalità comunicativa', o di una 'conversazione democratica universale'. Niente è meno esatto. E quando critica un altro lo fa a partire da problemi e su un piano che non erano quelli dell'altro e che fondono gli antichi concetti come si può fondere un cannone per ricavarne nuove armi" (Che cos'è la filosofia?). Il filosofo protagonista di Abyss, il primo romanzo di Simone Regazzoni, guida una Chevrolet Camaro RS/SS 396 nera del '68 e più che al dialogo filosofico si dedica all'azione eroica: se nel 1986 la X-Man Kitty Pride si diceva che "è dura scrivere una tesi di filosofia etica e, contemporaneamente, salvare il mondo. Ma voglio provarci", nel 2014 Michael Price sembra, invece, riuscire a conciliare i due apparentemente opposti propositi, pubblicando un saggio sulle dottrine non scritte di Platone - accolto dagli accademici tanto male quanto La nascita della tragedia di Nietzsche dal mondo della filologia, e perciò certamente un ottimo testo - e, contemporaneamente, affrontando le complesse e nascoste trame di agenzie segrete statunitensi, gruppi terroristici neonazisti, guardiani che operano nell'ombra in zone quantomeno grigie. Trame che provano a tessere un nuovo inizio o a ordire un'apocalisse? E comunque come uno studioso di Platone si ritrova invischiato in una vicenda da film d'azione? 
Con un'arte della scrittura da sceneggiatore di serie tv, Regazzoni radicalizza quella commistione tra filosofia e cultura popolare che da anni porta avanti a livello di saggistica con la popfilosofia, e realizza un romanzo d'avventura  che è pura filosofia da spiaggia, un phil-thriller da godersi in pieno come una gara automobilistica, in cui si salterà sulle proprie sedie (o poltrone, o divani, o, meglio, sdraio) per l'azione esplosiva alla nitrocellulosa (fulmicotone), per la continua inventiva, per il puro divertimento.

martedì 3 giugno 2014

la via del samurai

Lo Hagakure, settecentesco breviario e galateo dei samurai, è riletto da Yukio Mishima in La via del samurai come un'opera filosofica che presenta tre principali caratteristiche: come filosofia dell'azione, considera questa come la prima funzione della soggettività; come filosofia dell'amore, si basa sulla salda convinzione che ciò che promana dalla pura istintiva sincerità, dall'amore appunto,si evolva in fedeltà e devozione e conduca così direttamente a un ideale per cui vivere e battersi, e per cui, se necessario, morire; come filosofia di vita, infine, proprio perché non si tratta di un sistema strutturato con rigorosa coerenza logica, ma contiene anzi vari principi così pieni di apparenti contraddizioni, esso è una vivente filosofia che considera la vita e la morte come le due facce di una stessa moneta.
Come l'antropologa americana Ruth Benedict mette in luce nel suo libro Il crisantemo e la spada, la moralità giapponese è una "moralità della vergogna": la via del samurai espressa nello Hagakure, infatti, dà valore alle apparenze esteriori perché un guerriero deve sempre tenere costantemente presenti i suoi nemici e non ha altra scelta che difendere il proprio onore e chiedersi se verrà svergognato o meno di fronte ai suoi avversari, se lo disprezzeranno. La coscienza del samurai si immedesima negli avversari, quindi la caratteristica di Hagakure non è una moralità introspettiva, bensì una moralità attenta all'apparenza, rovesciata verso l'esterno: il nemico esamina e valuta il comportamento come uno specchio, e un samurai deve sentire, costantemente, che la sua bravura supera quella di tutti gli altri. Ma come elogia l'energia e approva gli eccessi, così lo Hagakure, sorprendentemente, ammette le virtù dell'armonia e dell'umiltà: il testo si contraddice sfacciatamente, ma questo fa parte del suo fascino arcano.
Come gli antichi greci associavano l'estetica all'etica, così la morale del samurai è determinata dall'estetica: ciò che è bello deve essere forte, vivace, traboccante di energia, ciò che è morale deve essere bello, mettendo insieme bellezza e ideali etici con la massima tensione possibile. Se, in nome dei traguardi morali, un uomo tende a vivere in modo bello, allora tutti i suoi giorni dovranno essere un continuo di tensione, senza un attimo di tregua.

"Vi sono due generi di orgoglio, l'interno e l'esteriore. Un samurai che non abbia entrambi i tipi di orgoglio non val nulla.L'orgoglio del samurai può essere paragonato ad una spada, la cui lama va affilata e poi infilata nel fodero. Di tanto in tanto verrà sguainata, sollevata a livello degli occhi, pulita, indi rinfoderata. Se un samurai sguaina di continuo, e brandisce, la sua spada, la gente lo giudicherà inavvicinabile, e lui non avrà amici. D'altro canto, se la spada non venisse mai estratta, arrugginirebbe, la lama si farebbe ottusa, e la gente piglierebbe alla leggera il samurai" (Libro II).

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