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martedì 30 giugno 2015

letture di giugno (II)

Il classico di Vladimir Nabokov, Lolita, è un romanzo scritto straordinariamente bene, con un personaggio protagonista e narratore allucinato e lucidissimo, inquietante, perturbante e vicinissimo, passionale e razionale, indimenticabile.

L'ultimo di Stephen King, Revival, è un romanzo - tra il Frankenstein di Mary Shelley e il Necronomicon di H.P. Lovercraft - gradevole e senza grandi pretese di uno dei più grandi affabulatori contemporanei.

Interessante il percorso tracciato da Alberto Castoldi tra letteratura e arte sul tema del Bianco: colore ambiguo, divino e spettrale; colore del dramma della creatività, pulsionalità e potenzialità, che coniuga la sublimazione estetica e la mostruosità intesa come negazione e assenza, tema della lotta per il possesso della pagina o della tela, da conquistare attivamente ma, insieme, dalla fascinazione vampirizzante; colore che è spazio di percorsi ed esplorazioni ma in cui, anche, perdersi e naufragare, deposito di idee sacro e terrificante; colore ostile, violento, pericoloso, minaccioso, perturbante, mistico, pieno e vuoto.

Immersione nella filosofia antica con l'Aristotele de La metafisica ("Tutti gli uomini aspirano per natura alla conoscenza") e della forse non autentica ma certamente plausibile Lettera ad Alessandro sul governo del mondo ("Non scrivo queste parole all'uomo che si è impadronito di un potere di cui non è degno, ma all'uomo che ha praticato questo detto: 'mi sarei ritenuto degno più del biasimo che della lode'").


Interessante il breve discorso dedicato da Peter Sloterdijk a quel fatale/fatidico evento filosofico - e non solo - che porta il contingente nome di Friedrich Nietzsche: Il quinto «vangelo» di Nietzsche. Sulla correzione delle buone notizie riconosce nel filosofo tedesco, oltre a un nome nella lista dei classici, soprattutto un maestro di generosità "solare" - propenso a prodigare incondizionatamente e capace di tramontare senza rimpianti - e il marchio di un prodotto immateriale di successo quale l'individualismo.

Deludente e men che mediocre l'esperienza di lettura di Liberi servi, testo esegetico da parte di Gustavo Zagrebelsky della dostoevskijana Leggenda del Grande Inquisitore: il saggio è prolisso (almeno rispetto al valore e alla profondità del contenuto), farraginoso, zeppo di citazioni eccessivamente lunghe dall'opera di Dostoevskij.

domenica 14 giugno 2015

derrida - letture primavera estate

Riprendo in mano e torno brevemente a riflettere su due piccoli, densi, saggi di Jacques Derrida letti in questi ultimi mesi primaverili, in propedeutica preparazione per due prossime e più corpose letture estive (Glas e La carte postale).

Il tempo degli addii, lettura di Hegel e Heidegger per dire addio al tempo che non è quello che si crede, per abbandonare in particolare una definizione ben conosciuta, o almeno pretesa tale, dell'avvenire come futuro: l'avvenire, l'a-venire, non è il futuro, non si riduce ad esso. Categoria fondamentale, a riguardo, è quella del "veder venire" che, in effetti, è sì anticipare, presentire, progettare il futuro, attendersi ciò che viene, ma è pure e sempre anche lasciar venire e lasciarsi sorprendere da ciò che non si attende, dalla sorpresa. L'avvenire è chance e caso, anticipazione e irruzione, metamorfosi ed esplosione lacerante, plasticità e plastico, è impadroneggiabile, vertigine, rischio.

Ne Il maestro o il supplemento di infinito sono toccati e legati assieme alcune trame tra i cui fili dà un po' vado infilando le dita. L'identità dell'io che trema in segreto, il dubitare che ci sia un'identità che resta essa stessa, propriamente se stessa, veder/lasciar/far tremare il valore di "proprio" e di "stesso", l'ipseità dello stesso, il potere e l'autorità di ogni signore e maestro. Declinato nel senso della "maestria", se è vero che l'allievo mangia i resti del suo maestro, è però vero che anche quest'ultimo mangia i resti dell'allievo, ne ha bisogno, li desidera, li chiede, ne è privo; e l'uomo non resta il maestro che nella misura in cui è umano, bisognoso, debitore, in condizione di farsi perdonare. 
E al maestro non si deve restituire niente, nessun "grazie". Ingratitudine ed etica. Etica che c'è solo laddove la norma è in difetto e resta da supplire, mentre se ci fosse l'assicurazione e la garanzia della legge ci sarebbero solo programmi, ma nessuna virtù.

mercoledì 10 giugno 2015

letture di giugno (I)

Forse per la mia lettura eccessivamente diluita nel tempo, non ho credo apprezzato al meglio il monumentale arazzo cosmo-storico tessuto da Vasilij Grossman in Vita e destino. I fili delle esistenze di una miriade di individui si intrecciano tra loro e con quelli che la storia del mondo fila a sua volta, le vite si piegano al destino, molte si spezzano, altre sono ridotte alla pura animalità del dormire e del grattarsi (e del godere nel togliersi gli stivali alla sera), ma la vita resta resiliente e alla lunga ritrova le sue forme.

Gli individui di Grazia Deledda sono buoni e cattivi, disgraziati, peccatori e colpevoli, sono Canne al vento che si piegano o si spezzano, fragili che una qualunque goccia d'acqua dell'universo può distruggerli, degni di compassione e pietà, assolutamente umani, insomma.

Con Le novelle marinaresche di Mastro Catrame Emilio Salgari racconta dodici brevi storie di avventure, leggende e mostri marini che animano il dialettico contraddittorio tra l'antico marinaio che le racconta, voce della tradizione dalla quale l'epoca nuova e moderna sta disincantando il mondo, e il capitano, esponente del pensiero razionale e positivista, che per ogni mistero ha la sua spiegazione.

La casa editrice Comix pubblica una nuova edizione delle strisce a fumetti di Bill Watterson che vede come protagonisti un immaginifico ragazzino e il suo tigrotto di peluche: i primi quattro volumi per ora realizzati vedono Calvin and Hobbes passare notti insonni e agitate perché C'è qualcosa che sbava sotto il letto, progettare di fuggire in Canada - Yukon, arriviamo! - per scendere spericolati da colline eternamente innevata e sottrarsi alle totalitarie regole della famiglia e della scuola, incontrare Strani esseri di un altro pianeta in cui cercano rifugio da una Terra inquinata dall'uomo. Spettacolare e salutare immersione nell'infanzia della purezza e della fantasia.

Primo romanzo di Jo Nesbø fuori dalla saga di Harry Hole, per me. Sangue e neve permane nell'estetica del thriller norvegese del porpora e bianco, ed è una specie di favola noir con protagonista un liquidatore - non di assicurazioni ma di pezzi umani - idiota e colto, efficiente e inadatto, speciale e umano.

Se chi ha scritto quel capolavoro del genere fantasy che è la saga di Harry Potter si cimenta con il noir e il suo risultato è Il richiamo del cuculo, allora J.K. Rowling - o Robert Galbraith o con qualunque altro nome-di-penna intenda firmare le sue opere - è davvero un'ottima scrittrice.

The Strange Library è un breve racconto di Murakami Haruki che definire illustrato è poco, vista l'integrazione tra testo e immagini, e in cui compaiono una biblioteca-labirinto misteriosa e inquietante, un mangiatore di cervelli di giovani e avventurosi/avventati lettori e l'uomo pecora. Brevità a parte, cosa si può volere di più?

Qualche classico come Daisy Miller di Henry James, con la sua moderna eroina incompresa, inattuale per la sua epoca, innocente ed emancipata, libera ed avventata; Tre uomini in barca di Jerome K. Jerome, la spassosa vacanza sul fiume di tre amici da sit-com, per tacere del cane che li accompagna.

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