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X-Men. Per un'etica indagata in stile mutante


Se il precedente Gli X-Men e la filosofia ha indagato come è essere un mutante, il mutante che dunque siamo, il presente volume intende provare a lasciar raccontare ai fumetti degli X-Men qualcosa riguardo questioni di filosofia etica: un’etica del desiderio, come vuole Lacan, della responsabilità illimitata, come vuole Derrida, un’etica della libertà, della colpa e, soprattutto, un’etica ingrata, di un eroismo senza grazie (thankless heroism) alla portata però di ogni uomo.
Un esercizio di filosofia mutante, per contenuto (i comics degli X-Men) e stile (filosofia e pop culture che si indagano e raccontano, insieme). Una filosofia che assume una nuova forma, contaminata, meticcia, ibrida, non fuggendo di fronte alla cultura popolare, ma ricavandone, invece, un modo per spianare una via nel pensiero, per aprire un cammino.



Leggere i fumetti non è meno complesso e difficile che leggere tout court, e non solo è auspicabile, ma necessario per la filosofia confrontarsi anche con essi, lavorarci ed esporsi alla loro contaminazione. E poi sono chiamato a rispondere all'appello di certe idiosincrasie che mi abitano, di una curiosità ostinata e divergente, di un debito d'amore da pagare da oltre vent'anni. Come non scrivere, dunque, dello spandex che si tende mentre si salva il mondo?




Etica del desiderio 
Se, come vuole Nancy, i supereroi dei comics sono uno dei modelli che viene subito in mente quando si riflette sul giusto, l'ingiusto e il fare giustizia, cosa vedranno nel riflesso della lama gli X-Men? Eroi moderni e non classici - comici, gaudenti, nichilisti, singolari, criminali, insomma, sporchi come l'ispettore Callaghan di Clint Eastwood e oscuri come il Batman di Frank Miller, così li racconta Regazzoni -, essi hanno abbracciato la propria natura più cupa e preso pieno possesso della propria oscuritàDopo qualche milione di snikt, dopo infinite e dolorose ripetizioni, la Cosa che li abita e li infesta ha tracciato per loro una certa strada: via vs sogno, come molti protagonisti dei manga non cedono sul proprio desiderio per porsi al servizio dei beni, di un supposto bene superiore e universale. E nessuno ha mai detto che poi avremmo dormito sonni tranquilli: non si può né si deve supporre di essere in grado di dormire in pace, come insegna anche il Dr. House.

Etica della responsabilità illimitata 
Anche il fantasy di Trono di Spade racconta che, seduti su troni e cuscini, l'etica non è un calcolo legale - la prospettiva morale di Lisa Simpson ben lo racconta - e alla giustizia essere considerata un semplice mestiere va stretto - basta leggere O'Brien per capirlo. Non esiste alcuna scusa per il dovere, né per non compierlo (si può, perciò si deve) né, però, per compierlo, o il rischio è l'osceno godimento della vendetta - basta leggere Murakami, stavolta. Libertà e colpa sono i segni distintivi di un atto etico pienamente e illimitatamente responsabile.



Etica ingrata 
Per essere giusto non spettano né ricompense né ringraziamenti, l'atto etico è un atto di eroismo ingrato - thankless heroism come quello di Psylocke -, che non fa guadagnare altro che la possibilità di percorrere la via tracciata per un eroe. E anche se, in definitiva, per questo eroe che avanza fino all'estremo del suo desiderio, non sono tutte rose ed è, anzi, una strada rischiosa, non c’è altro bene che quello che può servire a pagare il prezzo dell’accesso al desiderio, della fedeltà ad esso, del non cedere su di esso.



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